di Elisabetta Himmel
Il giallo non è un genere per giovani, pare: quando do alle mie classi la famigerata lista di libri (ogni due mesi circa) tra i quali scegliere la lettura che obbligatoriamente, antipennacchianamente … devono fare, il giallo resta indietro.
“La pagina che non c’era” quest’anno ha proposto, tra gli altri titoli, Vipera di Maurizio De Giovanni: una nuova inchiesta del commissario Ricciardi, cilentano, inappetente, con il senso dei dolori degli altri, che si muove, lui per nulla tribunizio e dannunziano, nella Napoli degli anni Trenta, viva e acciaccata come sempre, in più lacerata dal fascismo.
De Giovanni ha indicato, su richiesta della “Pagina …”, un ‘classico’, un libro a lui caro da proporre o riproporre agli allievi dei trienni liceali: Il conte di Montecristo.
Abbiamo tracciato per i ragazzi e per gli insegnanti che incontravano l’autore un breve percorso critico modulare, dal romanzo popolare al giallo: partiamo così da Teoria del romanzo di Guido Mazzoni. Nel delineare la ‘mappa del paradigma’ del romanzo di pieno Ottocento, Mazzoni parlando dell’elemento teatrale ancora predominante a quell’altezza, attraverso il dominio del ‘visibile’ e dell’ ‘udibile’, conclude: “Per ritrovare una densità teatrale paragonabile a quella dei romanzi ottocenteschi bisogna cercare nei sottogeneri del romance contemporaneo: nel poliziesco, nel noir o nel fantastico.”
Mazzoni dimostra che, a vario titolo, nella fase di transizione al modernismo, vanno a confluire nel paradigma del romanzo anche i materiali del roman feuilleton.
Già Umberto Eco ne Il superuomo di massa, nel capitolo dedicato a “I Beati Paoli e l’ideologia del romanzo popolare”, aveva analizzato classicamente il roman feuilleton:” È l’estrema de- pauperizzazione dello schema della tragedia aristotelica, salvo che là la curva terminava in una catarsi tragica (e il discorso del poeta verteva intorno all’urto dell’uomo con il fato) e qui invece la catarsi, per ragioni di vendibilità, deve essere ottimistica.”
Sempre Eco, in un intervento alla Milanesiana dedicato al tema dell’imperfezione, riproposto da «La Repubblica», proprio a proposito del Montecristo: “Il Montecristo ci dice che, se narrare è un’arte, le regole di quest’arte sono diverse da quelle di altri generi letterari. E che forse si può narrare, e far grande narrativa, senza fare necessariamente quello che la sensibilità moderna chiama opera d’arte”. Edmond Dantès potrebbe, sostanzialmente dice Eco, dare ancora ai giovani lettori una vertigine perché qui:” Mèlo e kitsch, per virtù di sregolatezza, rasentano il sublime, e la sregolatezza si ribalta in genio.”
A Gadda quasi mai si arriva nei programmi d’esame per la Maturità, ma Gabriele Frasca, nella seconda giornata della” Pagina che non c’era”, ha proposto una lettura del Pasticciaccio molto attraente, tra fisica delle particelle e psicanalisi, in un seminario per noi insegnanti e per i nostri allievi. Concludiamo così il nostro breve percorso, con la speranza di trovare il tempo per Gadda giallista sui generis, in quanto lui stesso dichiara:”Mio desiderio di essere romanzesco, interessante, Dumas, Conandolyano …”
Breve bibliografia:
M. De Giovanni, Vipera, Torino, Einaudi, 2012
G. Mazzoni, Teoria del romanzo, Bologna, Il Mulino, 2011
U. Eco, Il superuomo di massa, Milano, Bompiani, 1978
G. Frasca, Un quanto di erotia, Napoli,d’If, 2011